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1 - Erodoto, Le Storie, Libro II, L'Egitto. A cura di Allan B. Lloyd. Traduzione di Augusto Fraschetti. Fondazione Lorenzo Valla. Arnoldo Mondadori Editore. IV Edizione. Febbraio 1996, p. 12, 2.

2 - ibidem, p. 15, 2.

3 - ibidem, p. 19, 2.

4 - ibidem, p. 19, 3.

5 - ibidem, p. 28, 1.

6 - M. Griaule, Dieu d'eau. Entretiens avec Ogotemmli, Paris 1948 (ed. cit. Paris, Libraire Arthème Fayard, 1966; trad. it. Dio d'acqua, Milano, Bompiani, 1968 p. 259)

7 - M. Griaule, Masques Dogon, Paris, Travaux et Mémoirs de l'Institut d'Ethnologie, t. XXXIII, 1938.

8 - Cfr. Calame-Griaule, Avant-Propos, in M. Griaule, cit. (nota 6), pp. 2-3.

9 - M. Griaule, cit. (nota 6), p. 10.

10 - M. Griaule, G. Dieterlen, Le renard pàle, Tomo I - Le Mithe Cosmogonique, Fascicule 1, La Creation du Monde, Paris, Institut d'Ethnologie, 1965.

11 - D. Zahan, La dialectique du Verbe chez les Bambara, Paris - La Haye, Mouton & Co., 1960; idem, Religion, spiritualité et pensée africaines, Paris, Payot, 1970.

12 - ibidem, p. 171

13 - J.D. Fage, An Atlas of African History, n.14, The Sudan in the XII Century, London, Edward Arnold, 1978.

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Mali, crocevia di culture


L'attuale Repubblica del Mali copre una superficie di 1.240.142 chilometri quadrati con una popolazione stimata nel 1998 a 10.694.000. Nel censimento del 1987 gli abitanti erano stati calcolati a 7.696.348. E' il paese più esteso dell'Africa Occidentale. Confina a nord e a nord-est con l'Algeria, ad est con il Niger, a sud-est con il Burkina Faso, a sud con la Costa d'Avorio ed ad occidente con il Senegal e la Mauritania. La sua configurazione dà l'immagine di una farfalla con l'ala destra tesa verso il nord-ovest e l'ala sinistra, più piccola, verso il sud-ovest. Gran parte delle regioni nordoccidentali appartengono al Sahel, la fascia meridionale del deserto del Sahara che si estende dall'Oceano Atlantico al Mar Rosso. Quello che oggi è deserto, nei millenni passati fu una regione ricca di vegetazione e di vita. Ne abbiamo una testimonianza nelle pitture e nei graffiti delle grotte e degli anfratti di roccia disseminati lungo tutto il deserto. Oggi il Mali è per il 90% islamico. Il 9% della popolazione segue le religioni tradizionali, mentre i cristiani sono soltanto l'1%.
Il Mali è spesso descritto come un paese povero, anzi tra i più poveri del mondo. Ma chi conosce i Maliani non parla tanto della povertà che pur non nega, ma descrive l'attività commerciale, tutt'altro che supina alla povertà, bensì ragione di vita e di sufficienza. E' tale attività che si accompagna e sostiene il senso di dignità che distingue i Maliani, coscienti di un passato che è stato di gloria e di ricchezza e che attualmente è stimolo agli ideali di indipendenza. Si tenga presente che il Mali fu dominio coloniale francese con il nome di Sudan Francese e ottenne l'indipendenza nel giugno 1960 e per un periodo brevissimo, fino al novembre del 1960, fu parte della Federazione del Mali in unione con il Senegal. Il Mali ne uscì per affermare la propria autonomia fondata su un senso acuto della propria storia.

L'antico regno del Mali conobbe il massimo splendore nel secolo XIV. Il suo dominio si estendeva sulle regioni dell'Africa occidentale di cui controllava le vie carovaniere. In quell'epoca, la fama del suo regno era giunta in Europa dove si favoleggiava del regnum Melli come il paese dell'oro. Nel mappamondo costruito nel 1375 per Carlo V, il re del Mali - rex Melli - era raffigurato seduto con le gambe incrociate e in una mano una sfera d'oro, simbolo eloquente del potere e della ricchezza che gli si attribuiva. Il titolo mansa (signore) era proprio dei re del Mali. Nella storia è rimasto famoso il pellegrinaggio alla Mecca compiuto nel 1324 dal mansa Musa, accompagnato da uno stuolo di seguaci e da una ricchezza fastosa. L'oro e il suo commercio sono parte integrante della storia del Mali. Erodoto, nelle sua Storie, afferma che i Cartaginesi si rifornivano di polvere d'oro e sembra fuori dubbio che il materiale provenisse, attraverso le carovaniere del Sahara, dal paese dell'oro che era il Mali. Il commercio dal Mediterraneo al Mali e viceversa seguiva normalmente due itinerari. Uno centrale che partiva da Cirene, da Leptis e da Sabratha, lungo tre diverse traiettorie che convergevano nel Tassili in un'unica strada verso il Mali e l'Atlantico. L'altro itinerario proveniva dai monti dell'Atlante fino a Aouaghost e alla città di Ghana. L'oro, insieme ad altri prodotti, nutriva l'andirivieni del commercio. Era questo il tramite e la ragione di avvicinamento di popoli lontani che gli scambi sostenevano, scambi che, com'è noto, non sono mai di semplici materiali, ma anche di notizie, di opinioni e di costumi che alimentano la dinamica della cultura. Non erano solo le carovaniere del deserto a reggere il traffico. Il fiume Niger costituiva di fatto un'arteria primaria del movimento mercantile e degli scambi culturali delle popolazoni interessate.
E' importante rilevare la funzione svolta dal grande fiume. Il suo fluire segna per lungo tratto il limite del deserto del Sahara che lo sovrasta al nord. Il Niger bagna le maggiori città della regione: Bamako, la capitale della Repubblica del Mali, che è anche porto fluviale. Nei suoi pressi è stata costruita una diga che serve a regolare il sistema di irrigazione che successive dighe alimentano per le regioni inferiori. Dopo Bamako bagna le città di Segou e di Tombouctou. Nella regione intermedia tra queste due città, il Niger si dirama in una molteplicità di rivi che formano il cosiddetto Delta Interno, segnato anche da lagune precarie e da laghi permanenti, tra cui il Debo e il Faghibin. Al lato destro del corso del fiume e degli acquitrini sorge la città di Mopti. Dopo Tombouctou, il fiume si piega in un'ansa verso oriente per poi fluire in direzione meridionale verso la foce. In questo tratto, dopo aver bagnato Niamey, la capitale della Repubblica del Niger, e aver segnato il confine tra tale repubblica e il Benin, discende nelle regioni occidentali della Nigeria e giunge all'Oceano Atlantico dove sfocia in una secondo delta amplissimo, nei pressi occidentali della città di Port Harcourt.

Non è peregrino rilevare le analogie che ispirano il confronto tra due dei grandi fiumi dell'Africa, il Nilo e il Niger. Ciò che permette l'accostamento comparativo tra questi fiumi è il ruolo che hanno svolto e svolgono in relazione al deserto. Nel Mali, la funzione del Niger è paragonabile a quella del Nilo in Egitto. Già Erodoto, il grande storico greco, affermava che l'Egitto senza il Nilo non sarebbe quello che è: il deserto lo avrebbe totalmente fagocitato. In realtà, anche il viaggiatore moderno dell'Egitto è colpito dall'evidenza del verde e della fertilità della vallata del Nilo, in netto contrasto con il deserto che sopravanza dall'una e dall'altra parte. Lo stesso Erodoto si sofferma in mille dettagli per descrivere l'apporto di vitalità recato dal fiume. "La terra d'Egitto", osserva il grande storico, "è nera e friabile poiché è fatta di melma e di depositi che il fiume ha portato dall'Etiopia"
1. "Il Delta è terra alluvionale e, per così dire, comparsa di recente" 2. Ma il Nilo, per Erodoto, rappresenta un interrogativo senza risposta. "Sulla natura del fiume non riuscii ad ottenere nessuna informazione, né dai sacerdoti né da alcun altro. Ecco ciò che volevo sapere da loro: perché il Nilo scorra in pieno a partire dal solstizio d'estate per cento giorni, quindi, toccato il numero di questi giorni, esso si ritiri indietro abbassando le acque, così da mantenersi modesto per tutto l'inverno fino al ritorno del solstizio d'estate" 3. E prosegue affermando, "non potei sapere nulla da nessuno degli Egiziani quando domandavo quale forza abbia il Nilo per comportarsi in modo diverso dagli altri fiumi. Facevo ricerche sia perché volevo sapere quanto ho appena detto, sia per sapere per quale motivo esso solo fra tutti i fiumi non presenti brezze che spirano"4. Il mistero delle sorgenti del Nilo tormenta lo storico: "Nessuno di quanti hanno parlato con me, né Egiziani né Libici né Greci, ha sostenuto di conoscere le sorgenti del Nilo"5.
Vi è un'analogia tra il mistero delle sorgenti del Nilo, durato fino alla fine del secolo XIX, e il mistero del corso del Niger. La conoscenza del fiume Niger, in tutto il suo corso, si ebbe con la scoperta, come si suol dire, o meglio con le esplorazioni di Mungo Park (1771-1806), lo scozzese che proprio nel Niger trovò la fine dei suoi giorni, e in seguito, dopo Park, con le ricerche del tedesco Heinrich Barth (1821-1865). Il Niger nasce sulle alture di confine tra la Guinea e la Sierra Leone, da dove inizia il suo lungo corso.

Il quadro etnico del Mali odierno comprende una serie di etnie di lingua e di tradizione diverse. I Bamana costituiscono il gruppo più consistente che forma il 32% della popolazione. Seguono i Fulani (Fulbe, Peul) con il 14%; i Senufo con il 12%; i Songhai con il 7%; i Tuareg con il 6%; i Mossi, i Sarakole e altri piccoli gruppi che complessivamente raggiungono il 29%. Tali indicazioni potrebbero essere ancora più frazionate se si prendessero in considerazione i gruppi interni che mantengono una propria identità in distinzione dai gruppi maggiori. Tali sono, per esempio, i Dogon. Val la pena di ricordare i Dogon perché sono stati resi noti dagli scritti di Marcel Griaule e della sua assistente Germaine Dieterlen (la quale è appena pochi mesi che si è spenta ad un'età veneranda). La pubblicazione di Marcel Griaule sulla concezione cosmologica dei Dogon
6 s'impose all'attenzione di un mondo ancora scettico sul valore delle culture e delle tradizioni africane. Ogotemmeli, l'anziano cacciatore dogon, ormai cieco, si offrì spontaneamente al ricercatore francese, di cui aveva colto la serietà degli intenti, per confidargli le conoscenze e le concezioni del mondo dei Dogon. In un primo momento la sua pubblicazione fu accolta con un certo scetticismo. Le concezioni da lui registrate erano considerate al più come un corpus esoterico riservato a pochi anziani e, pertanto, scarsamente indicativo della realtà culturale africana. In realtà, per comprendere un tale scetticismo occorre tenere presente il contesto culturale del 1948, epoca in cui l'africanistica muoveva i suoi primi passi. Chi scrive ricorda bene, quando ancora studente di etnologia, le culture dell'Africa erano pressoché ignote e sull'Africa incombeva lo stereotipo negativo di un continente privo di storia e di cultura. Ma proprio in quel tempo i saggi della rivista Africa dell'International African Institute di Londra, fondata nel 1928, e la serie di monografie etnografiche pubblicate dallo stesso Istituto iniziavano a scalfire e a superare tali pregiudizi. Griaule, prima ancora del suo saggio Dieu d'eau, aveva pubblicato una numerosa serie di saggi su particolari aspetti della cultura Dogon, tra cui un libro di grande interesse artistico sulle maschere7. In realtà il testo relativo alle conversazioni di Ogotemmeli sui Dogon aveva il crisma dell'autenticità e dell'attendibilità.
Si può affermare che le sue pubblicazioni, avendo toccato un po' tutti gli aspetti della cultura, dalle concezioni cosmologiche ai sistemi sociali e agli stili e alle decorazioni delle abitazioni e dell'abbigliamento, abbiano stimolato una ricca serie di ricerche e di pubblicazioni. La figlia dello stesso Griaule, eminente etnologa, nella premessa scritta per le successive edizioni di Dieu d'eau, ha rilevato quel valore della parola e della nozione di persona che fanno della cultura dei Dogon una cultura del Verbo
8. Fu in realtà questo aspetto delVerbo che, relativamente ai Dogon, fece dire a Griaule: "questi uomini vivono su una cosmogonia, su una metafisica e su una religione che li pone sullo stesso piano dei popoli dell'antichità e che la stessa cristologia avrebbe interesse a studiare" 9.
Il cambiamento nei riguardi delle culture tradizionali africane, determinato in parte anche dalle pubblicazioni di Griaule, si può dire che fosse già nell'aria. I saggi africanistici si succedevano ai saggi e le monografie alle monografie.Il libro di Griaule appartiene ai primi tempi di un tale cambiamento e la sua è stata una funzione pionieristica che ha fatto conoscere il mondo complesso delle concezioni cosmologiche africane, di cui la sagacia dell'anziano cacciatore dogon aveva accettato di svelare un esempio cospicuo all'etnologo francese. I due interlocutori appartenevano a mondi profondamente diversi, ma il loro incontro ha prodotto risultati straordinari e rivelato al mondo il substrato concettuale delle antiche culture di villaggio africane.
A testimoniare che le concezioni cosmologiche dei Dogon non erano né esoteriche né singolari o eccezionali, seguirono altri studi e pubblicazioni. Oltre al volume in cui Griaule e Dieterlen si attengono ad un metodo e ad uno stile professionali
10, occorre ricordare altre pubblicazioni che dimostrano come le concezioni dei Dogon fossero parte delle tradizioni concettuali dell'Africa, come adesempio i testi di Dominique Zahan sui Bamana 11, un'etnia vicina ai Dogon; e a questo proposito può essere significativo riportare due dei proverbi bamana che Zahan pone in epigrafe ad un capitolo dedicato all'etica e alla vita spirituale: "il silenzio non esiste se tu non sei padrone di te stesso"; "la padronanza di sé è il frutto della conoscenza di se stesso" 12.
La saggezza degli africani, così bene in evidenza nelle concezioni cosmologiche dei Dogon e nei proverbi bamana, rivela una percezione sorprendente della realtà. Si tratta certamente della cosiddetta sapienza di villaggio, ma offre una dimostrazione della struttura sistematica del pensiero africano che rende ragione a quanti, studiosi africani e non, in questi ultmi tempi si sono dedicati allo studio della filosofia africana.
Il pensiero trascorre da persona a persona, da luogo a luogo. Chi ha avuto esperienza di ricerca in diverse società africane sa quanto sia difficile, se pur possibile, rintracciare le vie infinite dell'acculturazione. Gli scambi culturali tra etnia ed etnia sono un fenomeno costante che cammina con la storia e, anzi, fa la storia. Tuttavia, per il loro studio, esistono precise regole metodologiche per rendere attendibile l'indagine. Occorre guardarsi dall'ovvio e dalle generalizzazioni. La ricchezza culturale degli antichi popoli del Nilo, documentata da monumenti e da scritti, suscita giustamente l'ammirazione dei turisti e costituisce un'area culturale di straordinaria importanza. Ma sarebbe errato considerarla fonte di tutte le altre culture africane. L'Africa in ogni sua parte è culla di culture e di storia. Nelle regioni occidentali, dove domina il deserto, e dove il grande fiume Niger ne ha contenuto l'espansione, la storia ci documenta periodi di grande prosperità di regni e di imperi che si sono succeduti nei millenni. Nell'XI secolo, l'antico stato del Ghana dominava le regioni ad occidente del fiume Niger, e lo stato dei Songhai regnava al di là dell'ansa che il Niger compie prima di volgersi allo sbocco atlantico
13. In questo stesso secolo i Malinke si stabilirono sul fiume Niger e fondarono lo stato del Mali. Il regno raggiunse l'apogeo con la conquista di Tombouctou e di Gao nel 1328. Nel 1433 i Tuareg sconfissero i Malinke e si stabilirono a Tombouctou, mentre nel 1473 i Songhai occuparono il centro di Djenné. Sono vicende cui basta accennare per rendersi conto che implicano alti e bassi nell'ambito del potere e del commercio; nello stesso tempo sono fattori di espansione culturale attraverso le vie capillari del commercio in cui i mercanti uniscono agli scambi mercantili le informazioni di cronache e i confronti di idee. La cultura, in tutte le sue forme, si espande, si trasforma e si rinnova attraverso tali vie e tali contatti.
L'epoca attuale vede il Mali e gli altri stati africani vivere una nuova indipendenza, segnata dal crollo degli imperi coloniali; un'epoca che dà nuovo spazio all'iniziativa e alla sagacia degli Africani. Nel campo internazionale vi sono personaggi africani che occupano posizioni di grande rilievo e di grande responsabilità. Viene alla mente il ricordo di Julius Nyerere, il Mwalimu (Maestro) della Tanzania testé scomparso, che tenne a lungo il governo della sua nazione senza mai lasciarsi dominare dal potere. La figura di Nelson Mandela emerge come esponente della dignità africana, sostenuta nei lunghi anni della prigionia ed enfatizzata nel momento della libertà e dell'esaltazione cui ha saputo rinunciare ritirandosi dal governo, dando un esempio di democrazia e di umile serenità, eccezionali nel mondo politico di tutti i paesi. E si pensi, infine, alla figura di Kofi Annan, primo africano a coprire la carica di Segretario delle Nazioni Unite. In questo quadro si inserisce la vicenda degli stati africani moderni, e il Mali, in un tale contesto, assume un ruolo di dignità, fondato su un passato di storia e di prestigio. La dignità dell'Africa prevale e sopravanza il peso della sua povertà.

Bernardo Bernardi