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Prefazione

Un'espressione creativa assurge ad arte quando i valori formali che la sottendono permettono l’emergere di una dimensione altra rispetto alla matericità attraverso cui si manifesta. La fase di formazione di una personalità o di una cultura artistica coincidono con il progressivo impegno nel perseguimento di questa alterità; la decadenza con il venirne meno. Così è, almeno in Occidente, dove la personalità del genio e le fasi auliche o classiche, tendendo a manifestarsi nel punto più alto del raggiungimento di questa pregnanza della forma, ne postulano al contempo quell'ineluttabile affievolirsi cui verrà di seguito un'altrettanto inevitabile tensione di ricerca.
Le culture a modello tradizionale, strutturate su base iniziatica, tendono invece a perpetuare, attraverso l'attività creativa, l'ottenuto raggiungimento ancestrale di questa alterità, dal cui mantenimento dipende la sopravvivenza stessa della società; quando l'apprendista scultore dà forma ai suoi primi lavori intagliando nel legno gli oggetti propri della cultura materiale non ricerca, cerca di adeguarsi, e non tanto ad un modello, quanto ad una sostanza; dalla capacità di saper adeguare la forma a contenere la sostanza che deve essere perpetuata, non secondo dei criteri soggettivi di necessità interiore ma di equilibrio cosmico, dipende la decisione del maestro di affidargli l'incarico di intagliare maschere e statue connesse ai riti iniziatici e ai culti.
In ultima analisi, la suprema arte occidentale e la suprema arte tradizionale mirano entrambe ad evitare il mero estetismo, come diceva Alberto Savinio, "la mera forma esteriore non determinata, né sorretta, né giustificata da una effettiva sostanza interiore"; divergono, invece, per il fatto che l'Occidente continua a cercare e a trovare sostanze che via via vengono tralasciate per adottarne altre di nuove, in una sorta di frenetica ricerca di un quid che negli ultimi tempi si è sempre più trasformato in una nichilistica coazione a ripetere.
Le opere in terracotta, legno, bronzo e ferro prodotte dalle culture che da mille anni (almeno) popolano le terre afferenti il Delta Interno del Niger e le regioni meridionali dell'attuale territorio della Repubblica del Mali, ci permettono di valutare al massimo grado il quid perenne ed ineffabile che informa le creazioni più auliche delle società tradizionali. Le collane invece, provenienti dal territorio maliano ma composte da materiali vari e da perle vitree di produzione fenicia, romana, araba, mediorientale, indiana, veneziana, olandese, ci aiutano a ricostruire la compagine storica di un territorio che si rivela essere stato inscritto in un crogiolo internazionale di rotte commerciali e di invasioni, di flussi e riflussi culturali e artistici.
Grazie al contributo e alla disponibilità offerte da collezionisti europei, dagli sponsor, da Mazzoleni Sambonet Arte e da Soseart, da Agora Centro Studi Arti Extraeuropee e dai Musei Civici di Como, nonché dai Comuni di Milano e di Como, con questa esposizione si vuole contribuire ad un Unione Europea che non sia forte solo di una raggiunta unità monetaria e in avvenire anche politica, ma che sappia fondare i destini comuni dei popoli che la compongono su un progetto di identità culturale comune, finalizzato a valorizzare le componenti multietniche della società e quindi ad instaurare un rapporto fondante con tutto ciò che sembrando altro non deve essere emarginato e tacciato di diverso ma assurgere a valore incommensurabile per una più salda coesione della collettività.

Luca Tomìo